Osteopatia e Stress: una relazione possibile?

Ricerca e scienza, Salute

Ad uccidere ed a lasciare esiti non poco rilevanti non è solo il Covid 19, attuale pandemia. Negli ultimi anni, dall’essere una banale scusante per ogni malanno, lo stress è diventata una vera e propria epidemia, come riportato da illustri riviste di taglio scientifico.

In Italia è dimostrato che nove persone su dieci soffrono di stress e, portando un occhio più attento anche alla restante parte del mondo, la stima non migliora di molto. A confermarlo sono alcuni dati riportati di recente anche dal New York Times che segnalano che, solo in america, il 40% della popolazione ammette di essere più stressata rispetto all’anno precedente e non solo, circa 40 milioni di americani soffre di disturbo di ansia.

Va sottolineato il fatto che quello dello stress è un meccanismo del tutto fisiologico che è utile all’individuo per mantenere viva la possibilità di adattamento alle diverse richieste dell’ambiente. Quando, però, uno stato di stress diventa persistente divengono persistenti anche quelle modificazioni biologiche che esso apporta al nostro organismo che va ad intaccare i vari organi riducendo il sistema ad una situazione di esaurimento. Non è più possibile l’omeostasi, che è la capacità di autoregolazione dell’organismo e questo può recare non pochi danni organici.

Apparentemente stress ed ansia possono sembrare la stessa cosa ma ho voluto approfondire il tema chiedendo un parere tecnico alla dottoressa Marianna Sacco, psicoterapeuta, riguardo che ci è utile per meglio definire il quadro, tutt’altro che roseo, della situazione Stress.

In psicologia la definizione di “Stress” più comunemente accettata è quella proposta da Lazarus (1984). Secondo l’autore lo stress è una condizione derivante dall’interazione di variabili ambientali ed individuali, che vengono mediate da variabili cognitive. Lo stress psicologico è qualcosa di dinamico, che si manifesta a livello relazionale e dipende dalla valutazione soggettiva (primaria) e cognitiva che l’individuo fa dello stressor, ossia dello stimolo stressogeno, la quale a sua volta determina una reazione emozionale-fisiologica all’evento stesso. Quindi gli eventi sono stressanti nella misura in cui vengono percepiti come tali. Inoltre ci sono due caratteristiche oggettive dell’evento che possono renderlo stressogeno: la qualità (l’impatto emotivo che produce sul soggetto) e la quantità (ossia la frequenza e la durata dell’esposizione). Infine la portata stressogena dipende anche dalla valutazione secondaria (ossia che consegue quella primaria appena descritta): cioè la valutazione delle risorse e dalle capacità di fronteggiamento che si possiedono. Quindi anche la valutazione delle capacità di coping, ossia di adattamento all’evento stressante, determinano la valenza stressogena dell’evento.

Da qui è doverosa una precisazione: lo stress di per sé non è nocivo, diventa tale quando non è più funzionale al raggiungimento degli scopi e degli obiettivi personali, quindi quando provoca una sofferenza (psichica e fisica). Infatti si definisce eustress, quella reazione emozionale- fisiologica che dona vigore e vitalità all’organismo e ne permette la risoluzione, mentre si definisce distress quella forma “disfunzionale” di stress, che può portare anche a conseguenze patologiche e psicopatologiche.

Il distress infatti è connesso ad una quantità di disturbi psicopatologici: DPTS (disturbo post traumatico da stress), disturbo acuto da stress, disturbi psicosomatici, ansia, disturbi dell’alimentazione, disturbi della sfera sessuale, depressione e disturbo bipolare (APA, 2013). Inoltre lo stress cronico, ossia ripetuto nel tempo, è stato identificato come fattore di rischio per il suicidio (WHO, 2014).

In maniera sicuramente molto generale, risulta evidente il legame causale che potrebbe verificarsi fra stress (o meglio distress) e rischio di disturbi di ansia e quindi è altamente auspicabile e necessario prevenire tali difficoltà al fine di ridurre al minimo il rischio”

Quali sono le alterazioni organiche derivate da una forte esposizione allo stress?

Va precisato che una condizione di stress prolungato provoca un’alterata secrezione di due ormoni fondamentali alla risposta adattativa: adrenalina e noradrenalina, ormoni che predispongono il nostro organismo ad uno stato di ipervigilanza: ciò che andrà a cambiare sarà la frequenza del battito cardiaco, il flusso sanguigno, l’attività gastrointestinale, insonnia, disturbi dell’appetito…

Numerosi studi riportano una stretta relazione tra stress e sistema immunitario: le difese immunitarie in condizioni di stress ripetuto vanno ad abbassarsi favorendo una predisposizione alla malattia.

Come si può intervenire?

L’obiettivo del trattamento osteopatico è quello di facilitare la capacità dell’organismo di attivare il meccanismo dell’omeostasi, ossia di adattarsi al cambiamento ed alle richieste dell’ambiiente esterno. Attraverso una valutazione globale dell’individuo l’operatore andrà a trattare quei tessuti e quelle regioni corporee che rileva in uno stato di sovraccarico allostatico. Per ogni soggetto verranno scelte tecniche elettive e mirate alla normalizzazione della sua condizione.

Vengono in aiuto dell’osteopatia tecniche proprie della mindfulness, della meditazione e del consueling: calmando la mente e focalizzando l’attenzione su una respirazione lenta e controllata si è in grado di normalizzare condizioni organiche alterate.

Bibliografia:
  • American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.). Arlington, VA: American Psychiatric Publishing;
  • Lazarus, R. S. & Folkman, S. (1984). Stress, appraisal and coping. New York: Springer.
  • Pompili M. La psicoterapia del dolore mentale dei soggetti a rischio di suicidio.
    In: “Il suicidio e la sua prevenzione”. Tatarelli R, Pompili M (eds.). Fioriti Editore,Roma, 2008.
  • World Health Organization. (2014). Preventing suicide: A global imperative.
  • Shneidman ES. Suicide as psychache: A clinical approach to self-destructive behavior. Jason Aronson, Northvale, 1993a.

Autori:
Manuela Di Vito, Osteopata DomROI, coordinatrice del Dipartimento di Ricerca AbeOS; Marianna Sacco, Psicoterapeuta CBT


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