Master in Healthcare Professionalism: intervista al Responsabile Scientifico
Dalla Scuola
Nella settimana appena trascorsa è stato annunciato il Master informale in Healthcare Professionalism aperto a tutte le professioni sanitarie e agli osteopati. Dopo aver intervistato la docente Alina Buonadonna, vogliamo rivolgere alcune domande anche a chi ha progettato questa formazione avanzata e vi prenderà parte come docente: Marcello Luca Marasco.
Dottor Marcello Marasco, la prima domanda è fin troppo scontata, perché un Master in Healthcare Professionalism?
Come progettista/responsabile scientifico e docente in questa formazione, trovo la risposta alla domanda nella mia esperienza professionale. Sono un sanitario da trent’anni, un osteopata da venti e un counselor relazionale da una dozzina. Da quando ho intrapreso a curare persone che chiedono, di fatto, relazioni d’aiuto in ambito sanitario, ho sentito un’infinità di narrazioni dove spesso emergono rapporti con professionisti molto qualificati ma che intossicano la relazione e, di conseguenza, l’efficacia della cura. Dalle facoltà di medicina italiane si esce, ricorrentemente, come bravi medici e sanitari in genere, nel senso di preparati scientificamente. La mia sensazione è che i pazienti non percepiscano il livello di bravura di chi li cura perché la relazione paziente/curante non è al meglio.
E quindi?
E quindi se noi cresciamo nella nostra “centratura” su noi stessi, ossia se ci conosciamo meglio nella nostra interiorità, facciamo un salto di qualità come professionisti. Viviamo a contatto quotidiano con la richiesta d’aiuto, tanto più quanto maggiormente siamo bravi. Ma la relazione d’aiuto è arma pericolosa: da una parte impettisce il nostro “ego“, dall’altra ci sovraccarica, ci indebolisce. Io ringrazio il momento in cui, da osteopata, ho deciso di formarmi anche nel counseling relazionale: sento di aver acquisito una potenza enorme. Da allora mi sento più bravo con i miei pazienti perché curo meglio; perché sono più bravo ad accogliere ma non a raccogliere la sofferenza; sento il mio “scudo difensivo della mia persona” più spesso, perché curare necessita anche il saper incassare i colpi che giungono nel relazionarsi con la sofferenza. Sottolineo “saper incassare” e non “evitare“.
Questo Master ha come docenti lei e la dott.ssa Buonadonna, ci parla della sua collega?
Molto volentieri! La Dott.ssa Alina Buonadonna mi è stata presentata un paio d’anni fa da un collega osteopata (amico di vecchia data e cofondatore venti anni fa dell’Associazione Abe), Marcello Di Vincenzo. Fu amore professionale reciproco a prima vista. Una donna eccezionale che viveva la sua professione con grande dedizione e amore, tanta competenza, estrema motivazione. Inoltre Alina stava lavorando sodo sulla relazione paziente/curante, tema a me da sempre molto caro. Impossibile non avviare una collaborazione anche per AbeOS. Lei sposò subito le nostre modalità di formazione ai futuri osteopati e io volentieri le lasciai libera la mia cattedra in quell’insegnamento. Il successo fu immediato e, esito inevitabile, si ipotizzò di offrire quel tipo di formazione anche al di fuori della nostra scuola di osteopatia: ecco il primo embrione del master
… su cui lei ha elaborato il progetto complessivo. I contenuti ci sembrano accattivanti.
Abbiamo già parlato dell’humus di questo master, i contenuti li ritengo motivanti e molto professionalizzanti perché uniscono i capisaldi della psicologia umanistica (da cui nasce il counseling) all’attività esperienziale con i laboratori, vere palestre per la propria presa di coscienza di sè stessi e di esperienza nella relazione. Io personalmente, alla luce della mia esperienza e della formazione sanitaria, osteopatica e di counseling, mi occuperò nel master di insegnare e trasmettere quelle competenze specifiche della relazione tra chi cura e chi viene curato.